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Piero_della_Francesca

Lapostrofo in radio. La società (in)nova

Nella solita girandola di link, mail, post, giornali cartacei e e-book che fa da nerbo ad una sana e confusa informazione, ho salvato un articolo dall’evocativo titolo: ‘La cittadina canadese che sta per eliminare i senzatetto’. Anticipo subito, a scapito della suspense, che il problema non è stato risolto ricorrendo ad un qualche ferale provvedimento coercitivo. La soluzione è stata invece individuata in una norma per cui entro 10 giorni dalla data in cui le autorità comunali abbiano appreso lo stato di senzatetto in cui versa un cittadino, quelle si impegnano ad offrire a questo un alloggio a costo zero.

Altro spoiler non richiesto: no, nessuna massiccia migrazione di clochard per il momento ha interessato Medicine Hat – questo il nome della città canadese situata nella regione dell’Alberta (che i giocatori di Risiko ricorderanno certamente come quello strategico territorio compreso tra l’Alaska, i Territori del Nord Ovest, l’Ontario e gli Stati Uniti Occidentali).
Cosa succede in Canada? Perché un comune ha deciso di allestire un sistema tanto efficiente e oneroso per garantire un tetto a chi, per dirla tra le righe del perbenismo, ‘non se lo merita’?
I motivi ci sono, e paiono pure assennati, prima che buoni.
Innanzitutto va enunciato il principio guida di questa eccentrica politica: ‘la casa prima di tutto’. In pratica, parafrasando il Sindaco della cittadina canadese, come si può pensare che chi abbia da affrontare problemi tanto gravi al punto da essere costati una casa e una vita dignitosa, possa risolverli alloggiando su una panchina o un marciapiedi? In secondo luogo, realizzare un progetto di così ampio respiro e impegno permette al comune di risparmiare più che se non optasse per le solite provvisorie soluzioni tampone. Sempre secondo il Sindaco di Medicine Hat, dare un alloggio ad un senzatetto costa 20 mila dollari all’anno, mentre occuparsene nelle modalità tradizionali potrebbe arrivare a costare al sistema fino a 100 mila dollari l’anno di spesa.

lego

Il concetto, dunque, è molto semplice: molti senzatetto hanno raggiunto la propria condizione in seguito all’innescarsi di una spirale negativa, un circolo vizioso che ha eroso vite rispettabili, a volte addirittura felici. Perdere la casa da semplice effetto di questo circolo vizioso si trasforma nella causa della progressiva radicalizzazione del circolo vizioso stesso. In sintesi: persa la casa le cose non possono che peggiorare. Offrire gratuitamente un alloggio serve allora per invertire la spirale e tentare di incoraggiare un circolo virtuoso di reinserimento sociale degli emarginati.
È questa una politica davvero fruttuosa e sostenibile nel lungo periodo? Non lo si può prevedere nello specifico ma, facendo riferimento a tutte quelle esperienze animate da un analogo spirito, si può forse essere ottimisti. Questo provvedimento, infatti, è solo un esponente della grande famiglia di misure che vengono ricomprese nella macrocategoria di innovazione sociale. Parenti stretti sono il microcredito, l’housing sociale e tutti quegli interventi che cercano una risposta concreta ed efficiente a bisogni sociali vecchi e nuovi ricorrendo all’elaborazione di policies innovative. L’innovazione sociale è al centro di un dibattito molto aperto, dalle molte facce e dalle molte definizioni, ma per me è quel comportamento intelligente che, affrontando i problemi contemporaneamente da più angolazioni cerca di mettere in comunicazione diversi punti di vista e sensibilità per farli risultare in una sintesi che produca vantaggi per tutte le parti in causa. Un po’ come un frullino per impastare dolci!

 

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