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La scienza dice. Expo e dopoExpo

L’Académie Française è una delle più antiche istituzioni francesi. Nata su impulso del cardinale Richelieu col compito di fissare e purificare la lingua d’oltralpe, ha accolto oltre settecento tra i più illustri intellettuali francesi degli ultimi 4 secoli. Ma l’Académie, nonostante il richiamo all’immortalità nel proprio motto, è prima di tutto un’istituizone umana e, benchè promossa e governata da menti fuori dal comune per genio e intelligenza, come tutte le istituzioni umane è fallibile. Per accorgersene basta scorrere i nomi dei relegati al 41esimo seggio, ovvero il primo degli esclusi: Cartesio, Flaubert, Stendhal, Balzac, Maupassant, Proust, Rousseau non vennero mai insigniti del titolo per motivi diversi, e non sempre convincenti.
La cultura – e la scienza in particolare – tendono a rappresentare se stesse come dei campi in cui non dubitare che vigano norme accurate e finalizzate al progresso del sapere e della tecnologia, ma questa impressione tende ad essere scossa allorché si legga un giornale e si incroci, per esempio, la polemica in corso sul progetto Human Technopole.
Annunciato in maniera un po’ estemporanea lo scorso novembre, il nome anglofilo rimanda al piano che il governo intende attuare per utilizzare l’area dell’Expo a Milano.

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Il progetto prevede lo stanziamento in dieci anni di un miliardo e 500 milioni di euro per la realizzazione di un centro che punta – con molta ambizione – a divenire uno dei principali poli di ricerca scientifica nello studio della salute e dell’invecchiamento. La vicenda è interessante, per più di un aspetto. Innanzitutto perchè scopre l’impreparazione delle istituzioni politiche rispetto alla destinazione d’uso dell’area Expo – argomento evidentemente non in agenda fino alla chiusura dell’esposizione universale tenutasi a Milano sino allo scorso 31 ottobre. In secondo luogo perchè si apprende che il progetto è stato affidato senza alcuna gara ad un ente di diritto privato – ma a sostegno pubblico – che ha in cassa 400 milioni di euro per finanziare la ricerca mai banditi a concorso. In terzo luogo perchè tocca un argomento caro ad una delle protagoniste della querelle in corso, ovvero la ricercatrice e senatrice a vita Elena Cattaneo, che propose anni addietro la creazione di una Agenzia nazionale della ricerca, ovvero una istituzione terza che possa farsi garante di una visione di lungo periodo e dell’applicazione dei criteri di trasparenza, apertura e merito nell’accompagnare la gestione dei finanziamenti pubblici alla ricerca scientifica.
E davvero ci sarebbe bisogno dell’aiuto di un organo di indirizzo, capace di essere un riferimento autorevole e affidabile nell’opaca gestione dei fondi pubblici destinati alla ricerca, un po’ come fu per l’esperimento dell’Académie, il cui primo dizionario tardò ad uscire e non fu forse particolarmente apprezzato, ma che con il passare del tempo è riuscita a costruirsi una autorità insindacabile nel proprio campo.
Certo, ogni istituzione umana è per sua natura fallibile, ma non per questo bisogna essere nichilisti e applicare metodi che sanno di verticismo e personalismo a fronte di un sistema che per poter essere competitivo nel mercato internazionale della ricerca ha invece sempre più bisogno di trasparenza e programmazione

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