Leggi anche...

bacheca

Lapostrofo in radio. Univercity

Nell’anno accademico 2014/2015 si sono iscritte all’Università di Firenze l’8,4% di persone in più rispetto all’anno precedente. In termini assoluti parliamo di un aumento di 687 nuove immatricolazioni rispetto al 2013/2014, ma tanto è bastato perché lo scorso anno, quando vennero diffusi i primi dati, i giornali definissero questo incremento come un ‘boom’. In realtà le banche dati e i report del Miur (il Ministero dell’Istruzione) tratteggiano un quadro differente: gli iscritti e le immatricolazioni sono in costante calo da oltre un decennio, che si parli dell’Italia tutta o della sola Università di Firenze.

Per fare un esempio, nel 2003/2004 rispetto al 2014/2015, c’erano a livello nazionale 160 mila iscritti e quasi 70 mila immatricolati in più; a Firenze, invece, il numero di studenti dell’ateneo era maggiore rispetto a quello odierno di oltre diecimila unità, e le immatricolazioni erano mille in più rispetto a quelle che tanto hanno entusiasmato lo scorso anno.
In un articolo pubblicato dalla rivista ‘Internazionale’, lo scrittore fiorentino Vanni Santoni, parlando dei motivi per cui Firenze sarebbe oramai ridotta ad una città vetrina, lamentava che la ‘delocalizzazione’ in aree periferiche delle facoltà universitarie, allontanando gli studenti dal centro città, produce desertificazione sociale. Il vuoto che una tale assenza contribuisce a creare sarebbe funzionale alla promozione del pacchetto Firenze, ovvero un’offerta attrattiva basata fondamentalmente sull’enogastronomia e sul patrimonio artistico dei secoli passati, ovvero un’offerta alla quale poco interessa un progetto di città contemporanea che fondi la propria identità sulla produzione di cultura, prima che sulla sua conservazione.

almamater

Alma mater, mala mater

Premettendo che sono uno di quelli il cui buonumore e la cui assidua frequenza a lezione subirono un tracollo all’indomani del trasloco della Facoltà di Scienze Politiche dalla sede di via Laura in quella di Novoli, e aggiungendo che condivido l’idea che i giovani e la cultura siano un motore propulsore fondamentale per le città e la società in generale, vorrei polemicamente precisare che in realtà il centro di Firenze è ancora molto popolato di studenti. Probabilmente, però, si tende a misconoscerli perché per lo più non sono italiani e spesso risultano iscritti ad un istituto non statale. Sono studenti stranieri che frequentano scuole a loro esplicitamente o implicitamente dedicate, che si fermano in città per un trimestre o un semestre, più raramente uno, due o tre anni, e che tendono a vivere all’interno della piccola comunità internazionale oramai formatasi dentro e fuori le mura. Si tratta di un fatto in realtà abbastanza visibile, confermato materialmente, per esempio, dall’installazione del Polimoda in quella che fu la sede della Facoltà di Economia, come dal visibile e continuo incremento di scuole e istituti dai nomi evocativi in centro o sui colli appena fuori la città, e biasimarne in toto l’avverarsi non sembra a chi parla una opzione utile da percorrere.
È interessante, invece, un altro aspetto in questo tema, ovvero lo scarso o quasi nullo coordinamento nella gestione del cambiamento. Per posizione personale espressa a più riprese, credo che una via di crescita della nostra città si possa intravedere nel decongestionamento del centro e nella parallela creazione di una area metropolitana integrata, in cui – mi si perdoni per l’accanimento sul tema – la realizzazione di un’opera come la tramvia dovrebbe precedere, e non succedere di una quindicina di anni, a quella, per dire, di un Polo Universitario a Novoli.
A parte la nostalgia per i tempi in cui gli affitti costavano meno e la vita notturna era più vivace e accogliente, mi pare che oggi sia su una seria pianificazione territoriale che convenga fissare l’attenzione, concentrandosi sugli effetti dalla miope gestione del cambiamento che ha caratterizzato gli scorsi anni.

Comments are closed.